I eat,
therefore I am

Nel Manifesto della cucina futurista, firmato da Marinetti del 1930, nell’introdurre il pensiero del movimento riguardo al rapporto tra uomo e cibo l’autore scriveva: «si pensa, si sogna e si agisce secondo quel che si beve e si mangia». Un’idea non molto lontana dal principio spiegato dal medico e filosofo tedesco Jacob Moleschott nell’opera del 1850 Dell’alimentazione. Il Trattato Popolare, secondo il quale l’alimentazione è intrinsecamente connessa ai comportamenti, alle trasformazioni fisiche e ai pensieri dell’essere umano. Parimenti per i futuristi le abitudini culinarie venivano considerate parte fondamentale per formare l’uomo della modernità: «Prepariamo una agilità di corpi italiani adatti ai leggerissimi treni di alluminio. […] Convinti che nella probabile conflagrazione futura vincerà il popolo più agile, più scattante, noi futuristi […] stabiliamo ora il nutrimento adatto ad una vita sempre più aerea e veloce».
Oggi, nel Ventunesimo secolo, siamo sottoposti, in particolar modo nei paesi occidentali, a una costante pressione dettata da un modello di vita estremamente performante, sia sul piano fisico che mentale, verso una corsa cieca al raggiungimento di un sé ideale – come evidenzia lucidamente la giornalista del “New Yorker” Jia Tolentino nel suo libro Trick Mirror.
Dal lavoro agli impegni familiari, alla socialità, al tempo libero fino al rapporto con il nostro corpo, nella società moderna della sovraesposizione social, il pensiero futurista sulla rielaborazione chimica degli alimenti, come fonte energetica per un corpo e una mente ottimizzati ai fini di un super consumo, non è più così irreale. Cibi industriali proteici, ma anche pillole come integratori o sostitutivi alimentari con la promessa di un corpo in forma, manipolazioni chimico/fisiche di nutrienti, fino a giungere alle sperimentazioni di hamburger vegetali sintetici, sono entrati a far parte della nostra catena alimentare. Ma quali sono le conseguenze biologiche e le implicazioni, di una tale rivoluzione nutrizionale? Quali i compromessi che abbiamo involontariamente accettato?

Il fotografo Nicolò Panzeri nei suoi progetti Feed Us e Feed Us II ha documentato parte del sistema industriale alimentare italiano, evidenziando come la maggior parte di ciò di cui ci nutriamo nasce in laboratori da provette in vitro e da serre microbiologicamente controllate, al fine di massimizzare la produzione e il consumo di alcuni alimenti vegetali, travalicando quasi del tutto le loro ciclicità naturali.