Interview

«Banalizzando, potrei dire che la fotografia mi ha scelto». Esordisce con quest’affermazione il fotografo Nicolò Panzeri quando gli chiediamo dove e quando nasce la sua necessità di esprimersi attraverso l’immagine. «Quella di utilizzarla come mezzo espressivo – prosegue – è stata una non scelta. Mi ci sono trovato vicino senza rendermene conto. È stata una conoscenza lenta e duratura nel tempo che mi ha permesso di interiorizzarla. Quando ho preso consapevolezza di questa cosa ho intrapreso un percorso di studi volto ad approfondire il mezzo fotografico che mi ha dato le chiavi di lettura adatte per capirne e conoscerne i limiti, così come le sue potenzialità. È stato tutto piuttosto fluido e naturale. L’ispirazione, invece, risiede nella quotidianità così come in ogni altro ambito culturale che ci circonda. Per quanto mi riguarda una parte fondamentale è l’attenzione all’osservazione. La pacatezza con cui si osserva, in modo da poterne fissare messaggi e codici, ma anche solo per godere appieno di quello che si sta vivendo in un determinato momento». Ciò che alimenta il lavoro di Nicolò, sebbene la cultura fotografia rappresenti una costante nella sua ricerca artistica, il cinema, la musica e la letteratura sono delle componenti essenziali, sia nella scelta delle tematiche sia nella forma espressiva dei suoi lavori. «I punti fermi che mi hanno accompagnato da sempre sono il cinema e la musica. Solo negli ultimi anni è prepotentemente subentrata la lettura, che con la sua forza – esagerando un po’ – ha spodestato tutto il resto. Le letture di stampo narrativo mi permettono di colmare lacune dell’immaginazione, espandendo i miei orizzonti e permettendomi di conoscere e comprendere meglio la realtà, oltre ad aiutarmi nell’approccio con persone sconosciute e nel fotografare ambienti mai visti prima. Le letture saggistiche, che siano scientifiche, economiche o antropologiche, mi aiutano concretamente nel porre le basi di nuovi progetti. Assieme alla lettura ho fatto molto spazio alla cucina. Nonostante non mi reputi particolarmente dotato ai fornelli, anche in questo caso la fame di conoscenza e di sapere mi ha portato a esplorare cucine piuttosto lontane dalla nostra. Sono arrivato a conoscere ingredienti, strumenti, accessori, tipi di cotture e termini che mi erano del tutto oscuri. Non so ancora dove mi porterà questo approccio alle cose, quale sarà il suo approdo o in cosa mi tornerà utile ma provo appagamento e forse questo è sufficiente. Per quanto riguarda la fotografia sono vicino alla scuola dei paesaggisti, in particolar modo dei documentaristi contemporanei: da Mitch Epstein a Henk Wildschut, da Alec Soth e Guido Guidi a Stephen Shore e Rob Hornstra. Studio e apprezzo molto anche il lavoro di fotografi più ibridi come Thomas Rousset, Charles Negre, Broomberg & Chanarin, Geert Goiris, Rafal Milach, Michael Schmidt e Larry Sultan. Anche il cinema ha un grande impatto nel mio processo creativo. Recentemente mi sono appassionato ai lavori di Hirokazu Kore’eda, Abbas Kiarostami, Aki Kaurismäki, Nuri Bilge Ceylan, Satyajit Ray, Milos Forman e Nanni Moretti, solo per citarne alcuni». 

Proseguendo la nostra chiacchierata chiediamo a Nicolò Panzeri che valore attribuisce all’immagine. «Per quanto mi riguarda, credo molto poco nel valore di un’immagine fotografica presa singolarmente. Credo che un corpo di fotografie sia il mezzo ideale attraverso il quale veicolare un pensiero, un’idea o un’intuizione. Non essendo alla ricerca del sensazionale a tutti i costi, nei miei progetti cerco di veicolare il messaggio attraverso una serie di fotografie. Quando mi imbatto in un tema che stimola il mio interesse ho il desiderio di calarmici dentro in profondità, dedicandoci del tempo. E questo tempo si tradurrà molto probabilmente in una discreta produzione di fotografie che difficilmente saranno sintetizzabili in uno scatto singolo. L’immagine singola è per me il tassello di un più vasto racconto. Per quanto mi riguarda, nel mio lavoro, sono fondamentali la chiarezza, la linearità e la coerenza, ma anche mettere a disposizione ad altre persone gli strumenti necessari per entrare a fondo nell’argomento trattato, così da non travisarne l’intento». Proseguendo nell’intervista indaghiamo insieme a Nicolò quali siano i temi su cui sente un’urgenza di racconto. «Gli argomenti che più mi incuriosiscono sono molto concreti e spesso legati all’ambiente e al ruolo dell’uomo al suo interno, quindi i lavori che ne conseguono sono frutto di letture e ricerche che durano svariati mesi e che continuano fino al termine del progetto. Spesso come è accaduto per Feed Us I e II, progetto che approfondisce il processo e la catena di industrializzazione del cibo in Italia, continuano anche dopo la chiusura». In conclusione chiediamo un suo pensiero riguardo la fotografia contemporanea. «Questa, senza dubbio, incarna lo spirito del nostro tempo. Viviamo in un’epoca in cui c’è tanto di tutto e – nonostante il mio stile di vita in parte la ricalchi – questo mi inquieta. Nuovi autori, nomi, libri, case editrici, premi, fotografie sui social sono per me troppo e fatico a seguire il passo. Ma forse alla fin fine non me ne curo troppo».

Credits

Guido Guidi, Lunario 1968-1999, ©Guido Guidi