Da laboratorio,
Cavia e la moda sostenibile

La sostenibilità è sulla bocca di tutti. Tutti si improvvisano paladini del pianeta ostentando una coscienza green, pionieri della salvaguardia dell’ambiente per aver fatto in modo corretto la raccolta differenziata. Nella realtà gli armadi sono zeppi di capi di fast-fashion in tessuto sintetico che scegliamo al posto del cotone organico, perché costa meno. Agire eticamente non è poi una passeggiata. Per fare la differenza bisogna cominciare da una ricerca attenta e capillare di realtà impegnate nella costruzione di un nuovo sistema moda, di brand emergenti e innovativi che seguano il postulato di Lavoisier sulla conservazione della materia. Non creano, non distruggono, ma trasformano. Realtà come Cavia si perdono nei meandri di pile di vestiti di seconda mano, orfani di concetto cui viene ridato uno scopo. Da stracci in disuso, diventano pezzi unici attraverso il potere rigenerativo della creatività. Nato dall’idea della fondatrice Martina, Cavia gioca sul lessico da laboratorio con un nome che inneggia alla sperimentazione. I suoi prodotti non nascono da una tela bianca, ma da scampoli e relitti, da impalcature precostituite su cui stabilire un nuovo mondo. Filati da eccesso di produzione si intrecciano in opere di maglieria fatta a mano, che richiedono fino a novanta ore di lavoro nel desiderio di far riassaporare il piacere dell’attesa; eccessi industriali sono riconvertiti in patchwork artistici di ricamo e contrapposizione, accostamenti a tratti armoniosi a tratti antitetici che collimano nell’originalità. Una storia in capitoli, quella di Cavia, in cui ogni collezione rappresenta un’aggiunta a quella narrazione di cui non abbiamo letto che le prime pagine, ma che non vediamo l’ora di divorare, parola per parola. Riproponendo un’estetica senza consumo dove non c’è omologazione ma solo autoaffermazione di un gusto personale e ben definito, Cavia si offre a tutti, ma per tutti non è: dà la possibilità di essere visto, ma in pochi capiscono. Sono gli attori silenziosi dei piccoli gesti che cambiano la mentalità, e quindi la storia. 

Photo by @andreabene
Models @personamilano