Paolo Proserpio è art director e graphic designer di base a Milano. Ci ha raccontato la sua professione definendola «un mix di cultura pop, riferimenti all’arte, alla musica, al punk e una vera ossessione per le geometrie, le proporzioni, la cura verso la tipografia e la ricerca di materiali».
La musica lo ha accompagnato per tutta la vita, ispirandolo a livello visivo attraverso copertine di dischi, video, merchandising, allestimenti dei palchi e look dei musicisti. «Non ho mai avuto un riferimento estetico unico. Tra i tanti sicuramente Vaughan Oliver (4AD records) mi ha insegnato a essere libero creativamente, quando ho avuto modo di incontrarlo alla Saint Martins School of Art di Londra. Paula Cademartori con il suo mix di raffinatezza brasiliana nelle forme e colori. M/M Paris per la sperimentazione e la contemporaneità. Art Chantry per l’imprevedibilità dell’analogico, ma anche i miei studenti. Insegno da circa sedici anni allo IED di Milano e ogni anno circa sessanta studenti diventano i miei maestri, con le loro idee utopiche, la freschezza, l’ingenuità e la loro meravigliosa incoscienza. Nel campo della musica, se devo citare qualcuno, senza dubbio Damon Albarn, frontman dei Blur, Gorillaz, The Good the bad and The Queen. Lui è una figura poliedrica, un attivista impegnato in tantissimi progetti che spaziano dal britpop alla classica, dal rap al dub, fino alla musica etnica. Ha sempre vissuto con intensità la sua amata città e, oserei dire, anche il mondo, collaborando con tantissimi artisti visuali: Damien Hirst, Banksy, Julian Opie, John Hardwick, Jamie Hewlett».
Alla musica, Proserpio nei suoi personali che su commissione, intreccia la cultura street con semplicità e armonia, declinandoli in mondi apparentemente diversi. «I Bluvertigo nel 1999 in una loro canzone cantavano senza un’idea non ci si alza dal letto purtroppo». Per Proserpio le idee possono nascere da riferimenti mainstream e dal mondo underground. «La mescolanza di questi due elementi ossimorici penso sia alla base di tutto. Le buone idee sono sempre buone idee, e i limiti ci sono in entrambi gli scenari, quindi può succedere che realizzare un catalogo di alta moda possa aiutare nell’ideazione di una copertina di un disco punk, e a volte una maglietta serigrafata a mano ti permetta di capire come replicarla su larghissima scala».
Tra le molte passioni di Paolo Proserpio c’è l’approfondimento delle tecniche di stampa: «penso che parta tutto dallo skate, dalla fisicità e dal fatto di aver collezionato di tutto: dagli sticker alle tavole, ai dischi, ai flyer, alle magliette, alle riviste e alle fanzine. Mi capita spesso di comprare oggetti non per il loro vero utilizzo ma solo per il packaging, per una piega speciale della carta, per un tipo di inchiostro, per la grafica, per la shopping bag, perché ci vedo un’idea, un’ispirazione o qualcosa di misterioso che vorrei comprendere. Penso in questo senso che l’editoria indipendente sia il futuro. Sono uno di quelli che pensa che l’editoria classica sia ormai morta e non abbia più motivo di esistere perché nel momento in cui le copie vengono stampate sono già vecchie. Nell’editoria indipendente invece il tempo non è dettato dalla news – per quello c’è la rete – ma il punto centrale è la ricerca, il mettere insieme informazioni e racconti. Riviste e libri indipendenti diventano oggetti d’arte da collezionare per la loro unicità, per i materiali e le tecniche di stampa utilizzati e per il contenuto. L’editoria indipendente è una versione evoluta della fanzine punk».
Credits:
Broken Fingaz