INTERVIEW

Abbiamo incontrato la fotografa Lera Polivanova e ci raccontato un po’ delle sue origini. Come spesso accade non sempre nascere in contesti urbano e sottoposti a costanti stimoli artistici contribuisce necessariamente a formare una personalità creativa. Lera ne è un esempio. «Sono nata a Volgograd, nel sud della Russia, trascorrendo un’infanzia piuttosto isolata con le nonne. Circondata dalla natura e dagli animali, giocavo costantemente con la mia immaginazione, creando scenari nella mia testa, in cui ambientavo storie e favole. La mia immaginazione era costantemente alimentata da film d’animazione e racconti che mia madre registrava per me su video-cassette. Amavo anche registrare me stessa imitando diverse voci e mettendo in scena piccoli spettacoli. All’età di cinque anni ho iniziato a frequentare una scuola serale d’arte dove ho avuto i primi approcci alla pittura e scultura ,a anche con l’inglese e la danza. Negli anni successivi ho cambiato tre scuole d’arte, prendendo contemporaneamente lezioni di recitazione, portando la mia immaginazione sul palco e scoprendo il mio lato comico.

All’età di 14 anni, i miei genitori mi permisero per la prima volta di utilizzare la loro fotocamera digitale e iniziai a riprendere i miei fratelli. L’anno successivo, con il mio primo telefono, giocai a sperimentare con il mio migliore amico ritraendolo come se fosse uno shooting fotografico dall’estetica degli anni Novanta. Dopo la nostra prima sessione, eravamo estremamente entusiasti. Sentivo il bisogno di fotografare sempre di più e fino ad oggi questo bisogno non mi ha mai abbandonata. All’età di 16 anni, ho ricevuto la mia prima Nikon semi-professionale e ho iniziato ad esplorare la fotografia di strada e di viaggio». 

Sebbene l’incontro tra Lera e la fotografia avvenne molto precocemente, come lei stessa ci ha svelato, quando scoprì il cinema, questo divenne la sua vera ossessione. «Il mio patrigno ha collezionato molti film fin da quando ero piccola. Ricordo ancora alcuni dei primi film trash di Hollywood che ho visto. Crescendo, sono diventata più consapevole del cinema, che è diventato la mia principale fonte di ispirazione. Ho iniziato a studiare pittura e design all’università di Rostov-on-Don quando avevo diciotto anni. Tuttavia, sognavo di studiare regia cinematografica e la mia mente era assetata di nuove scoperte ed esperienze. All’età di 19 anni, ho lasciato l’università e ho iniziato a viaggiare anche, se non fu una scelta facile. Alla fine, mi sono trasferita in Ucraina, a Odessa. Il mio migliore amico mi ha seguito e abbiamo continuato il nostro viaggio fotografico».

Esplorare il mondo era il miglior modo di alimentare la sua fervida immaginazione e necessità creativa così, dopo Odessa, la tappa successiva furono gli Stati Uniti. «Dopo circa un anno e mezzo, mi sono trasferita a Houston, in Texas, per alcuni mesi, dove finalmente ho avuto modo di vivere le strade e le case che avevo sempre visto nei film. Il mio mondo immaginario è diventato reale. Mi sono completamente immersa in questo strano territorio suburbano e totalmente distaccato dalla realtà, diventando un tema centrale nella mia arte. A quel punto, il mio obiettivo successivo era continuare i miei studi negli Stati Uniti, ma in realtà il destino aveva un piano diverso per me. Così, nel 2014 mi sono trasferita a Milano e ho frequentato un corso di fotografia presso l’Istituto Europeo di Design (IED). Passavo dalla pittura alla fotografia, cercando di trovare un modo per esprimermi appieno, perché sentivo che entrambi i mezzi erano piuttosto limitanti per le mie necessità e così ho iniziato a lavorare con collage digitali, esplorando Photoshop».

È in questo periodo che Lera inizia a creare i suoi punti di riferimento da cui attingere per creare il suo immaginario. Tra gli autori che più l’hanno influenzata troviamo: i pittori Lucian Freud, Edward hopper e Giorgio de Chirico, i fotografi Jeff Wall, Lorca di Corcia, Thomas Demand, Todd Hido, Jurgen Teller, Thomas Struth ma sopratutto, per via della sua grande passione per il cinema, film e registi. Tra questi le abbiamo chiesto qualche nome e titolo ed è nata una lunga lista. «Tra i registi ammiro molto Todd Solondz e sui film Happiness, Dark Horse, Storytelling, Wiener-Dog, di Paul Auster i suoi lavori Blue in the face e Smoke, i fratelli Coen con Fargo, Big Lebowski, Raising Arizona, Barton Fink e A Serious Man. Ovviamente il grandissimo David Lynch con alcuni classici come Blue velvet, Mulholland Drive, Twin Peaks, Wild At Heart, poi anche Christopher Guest con This is Spinal trap, Best in show, Waiting for Guffman, A mighty wind, Quentin Tarantino e I suoi film Jackie Brown e Pulp Fiction. Concludo con Charlie Kaufman con Adaptation, Synecdoche, Being John Malkovich, Eternal Sunshine of the spotless mind e Harmony Korine con Gummo e Spring Breakers. 

Oggi Lera è una delle promesse della fashion photography del panorama europeo ma il ritratto e gli scatti in posa, non sono stati dall’inizio il suo focus. «Durante i tre anni allo IED, ho avuto un rifiuto contro qualsiasi tipo di ritratto, prediligendo piuttosto la fotografia architettonica e di still life. Il cibo è sempre stata una tra le mie più grandi passioni e l’ho usato per creare fotografie still life stravaganti. Ero molto interessata all’idea del confine sottile tra ciò che è reale e ciò che non lo è in arte. Solo dopo la laurea ho iniziato a reinventare e ricostruire il mio rapporto con la persona davanti all’obiettivo. Rifiutavo ancora la fotografia di moda, ma qualcosa ha iniziato a cambiare quando ho aperto a me stessa modi diversi di approcciarla. Ho iniziato a distruggere piuttosto che creare qualcosa di perfetto ed eterno. Non mi sono mai sentita molto parte della moda, quindi il linguaggio ironico che prevaleva in quel periodo mi attraeva. Adoravo il fatto che, rispetto alla fotografia d’arte, la moda fosse più fresca e in continuo cambiamento, cosa che trovato stimolante, così come lavorare in un team. Nel 2017 mi sono trasferita a Parigi per alcuni mesi e poi al Lago di Como. Sono tornata a Milano nel 2021 concentrandomi completamente sulla fotografia. Al momento, mi trovo in un nuovo capitolo tra Berlino, Milano e Parigi, senza mai smettere di sviluppare il mio linguaggio fotografico».