Intuizioni
tecnologiche

intervista a Serena Confalonieri, testo di Orsola Stancampiano

Coerenza, vivacità, sintesi. Se dovessimo riassumere con poche pennellate il corpus progettuale della designer e direttrice artistica Serena Confalonieri useremmo questi tre termini.
Il punto di partenza della sua ricerca è sempre lo studio: la coerenza metodologica che porti a un progetto che possa essere universalmente riconosciuto e apprezzato, senza tralasciare un approccio emozionale, empatico, che distingua il suo oggetto dalla molteplicità di oggetti dai quali siamo circondati. La sua idea dalle altre. L’accezione più rigorosa del design: forma e funzione, riletta in chiave romantica.
Peculiarità dell’artista è lavorare con le superfici, tessuti, pattern. Focale la sua passione per la grafica: la sua collaborazione con Wall&Decò, azienda nata da un’intuizione del fotografo Christian Benini, che realizza rivestimenti design per pareti. “Creare ambienti ed esperienze, piuttosto che oggetti”. Risponde così Serena Confalonieri alla nostra domanda su quale sia, oggi, duemilaventuno, lo scopo principale di chi progetta. Un esempio di queste esperienze può essere la Textile Capsule Tour realizzata da l’Opificio, novità assoluta nell’ambito. Si tratta di un tour virtuale con animazioni 3D delle grafiche originali di Serena Confalonieri: l’ingresso in una vera e propria nuova dimensione del tessile.


Per chi utilizza come fondamenta del proprio edificio progettuale un’impostazione derivata da culture arcaiche e di ispirazione precolombiana, l’impossibilità di fruire della dimensione del viaggio come fonte inesauribile di ispirazione è un grosso limite; essere privati dell’esperienza diretta, sul campo, non mediata “Ti disidrata”. Ma nemmeno lockdown e restrizioni hanno intimidito estro e creatività di questa artista ‘dal multiforme ingegno’: la sua collezione di calici Calypso, nata proprio durante i mesi di riflessione e timore, nel contesto di un’Italia blindata, adesso è in Korea, a New York, in Tennessee, e ha una lista di attesa che supera i due mesi. Art nouveau ed esotismo sono ancora una volta lo scenario che accompagna la creazione di questi oggetti, nati per dimenticare l’attuale e immaginarsi su un’isola florida – almeno per il tempo di un bicchiere.
A un anno dall’inizio della pandemia, è ancora difficile comprendere quando potremo tornare a una modalità “in presenza” del quotidiano. Tuttavia, la tecnologia, che mai come in questi mesi è stata nostra alleata, spesso ha avuto un ruolo chiave per la fruibilità di diverse esperienze: dal 12 al 18 aprile, per esempio, ci si potrà immergere nell’evento più atteso del mondo del design – la Milano Design Week 2021. Rimandato a settembre il Salone del Mobile, l’evento si terrà in modalità virtuale “Sicuramente – sostiene Serena Confalonieri – una modalità più democratica di cogliere questa occasione”. I social giocheranno un ruolo fondamentale: per un evento interamente centrato su piattaforme digitali la comunicazione sarà più accattivante e coinvolgente.
Ricontestualizzare il classico all’interno del contemporaneo, ecco un altro aspetto saliente della visione di Serena Confalonieri. In che modo? “Attraverso autoproduzione e artigianalità. Riscoprire e rivisitare tecniche antiche, ma mai dimenticate” come la tecnica della legatura a piombo di memoria gotica, la tessitura di origine neolitica praticata tutt’oggi in Calabria e Sardegna o la lavorazione delle ceramiche di Grottaglie: custodire le eccellenze della manifattura italiana come tradizione culturale e patrimonio inestimabile che possa affascinare le nuove generazioni.


Garante e promotore di queste e altre iniziative fondamentali per la manifattura italiana è Franco Cologni, un vero e proprio mecenate 2.0, nonché presidente della Fondazione Cologni. L’organizzazione no-profit nata nel 1995 ha come scopo custodire e tramandare valori e storia delle eccellenze italiane tramite l’affiancamento di maestri d’arte e designer: nascono da qui interessanti collaborazioni di Confalonieri, tra le quali ricordiamo quella con la scuola dei soffiatori del vetro veneziani e il recente Artijanus/Artijanas, progetto sperimentale di cultura del design e dell’artigianato promosso e sostenuto dalla Fondazione di Sardegna insieme alla Triennale di Milano e con la collaborazione di Fondazione Cologni.
Ad oggi non è semplice poter fruire del consiglio e dell’esperienza degli artigiani: l’attuale situazione ci impone, ancora una volta, la digitalizzazione di qualcosa che è stato, finora, analogico. Non più contatto diretto, ma mediato. Non più consigli sottovoce e sguardi, ma libri e schermi. Forse questa modalità che abbiamo acquisito e da cui siamo, ormai, sovrastati non verrà mai del tutto abbandonata. Ma sicuramente l’auspicio è quello di tornare a vedere, toccare, sentire, vivere.
Ma qual è, in conclusione, la cifra che distingue un creativo da una persona comune? Possiamo leggere la risposta come una versione rivisitata della teoria del fanciullino: “Una visione pulita, priva di pregiudizi, una modalità quasi infantile di lettura della realtà. Liberazione da schemi e convenzioni”. Per attingere dall’esperienza con stupore, e riuscire a trasformare il conosciuto in una forma pura di espressione, l’unica modalità possibile diventa fare della propria mente una tabula rasa.

DESIGN EDITOR Thayse Viégas

Photo credits

©Serena Confalonieri

1: Talia, courtesy L’Opificio. Ph. Andrea Agrati

2: Calypso. Ph. Andrea Agrati

3: Starlight, courtesy Wall&Deco

4: Afra

5: Calypso. Ph. Andrea Agrati

6: Starlight, courtesy Wall&Deco