Insieme ai Madam ci siamo chiesti se fosse possibile parlare di manifesto oggi: il suo valore, le sue trasformazioni e i suoi limiti di definizione e azione. Così siamo partiti raccontando come, a distanza di qualche anno, Filippo Tommaso Marinetti e Tristan Tzara sentirono il bisogno di scrivere – a Milano e a Zurigo – i manifesti Futurista (1909) e Dada (1916), sull’onda dell’entusiasmo dei nuovi cambiamenti culturali, mentre i sistemi governativi e le varie tensioni diplomatiche e sociali, avevano condotto l’Europa verso le due guerre mondiali. Frutto, in molti casi, di una rabbia o di una vitalità giovanile, i manifesti del Novecento non solo hanno espresso il desiderio dei loro autori di cambiare il mondo attraverso l’arte, ma si fecero interpreti della voce di un’intera generazione. Il manifesto era dunque un atto politico prima che artistico.
La forza programmatica e l’impatto che un manifesto poteva avere ieri non lo possiede più oggi. In un’epoca sempre più concentrata sul valore del singolo piuttosto che sul collettivo, dove chiunque e in qualsiasi momento può esprimere e pubblicare la propria idea perdendosi nella marea infinita di internet, ci siamo resi conto che la parola manifesto è talmente abusata e sfuocata da diventare merce per il marketing, dove la sua moltiplicazione non fa altro che eroderne, pezzo dopo pezzo, valore e significato.
In un mondo dove tutto o molto è già stato fatto, visto e pensato, in ambito culturale oggi non avere un manifesto può essere considerato esso stesso un manifesto: senza alcuna rigidità, punto programmatico o restrizione teorica ma lasciando spazio a mutazioni, evoluzioni inaspettate e direzioni casuali.
Attenti e curiosi a ciò che accade intorno a noi, crediamo che lo spirito del tempo ci richieda di utilizzare la nostra creatività per ideare nuovi spazi e nuove prospettive con le quali creare altri linguaggi. Come sta facendo Fondazione Prada con il progetto online Finite Rants, una serie di saggi virtuali che coinvolgono scrittori, registi, fotografi ed economisti; o la giovane fashion designer Paula Canovas Del Vas che, a settembre 2019, ha presentato a Londra la sua collezione Spring/Summer 2020 attraverso la mostra virtuale See, Saw, Seen utilizzando la tecnologia room-scale VR per fondere insieme moda e arte dando così la possibilità al pubblico di scoprire il suo intero universo creativo.
Anche Ralph Rugoff, che nel 2019 scelse come titolo per la 58° Esposizione d’Arte di Venezia l’espressione May You Live In Interesting Times , tradotta da un antico detto cinese, ha evocato l’idea di questi tempi sfidanti e minacciosi e lanciato l’invito a vedere e considerare sempre il corso degli eventi umani nella loro complessità, offrendo con quel titolo piuttosto che un tema preciso, un punto di vista dal quale osservare il mondo e un’ampia libertà d’interpretazione aprendo a molteplici significati.
Con la consapevolezza delle sfide che la nostra epoca ci impone, per noi il motore sarà quello dell’apertura, esplorando le interconnessioni e ciò che può nascere dalla contaminazione, dall’ibridazione e dalla sperimentazione tra diversi ambiti. Ed è per questo che inCf avrà ogni volta un differente capitano al timone: musica, fotografia, tecnologia, ambiente, scrittura, cucina, sport, moda, letteratura. Non importa quale saranno le acque nelle quali ci condurranno le correnti a cui ci affideremo, ci apriremo senza alcun pregiudizio alle digressioni e agli sconfinamenti del viaggio.